C’era una volta uno gnomo piccino
che dimorava sotto un fungo porcino,
in via degli Abeti, al numero tre
che un posto più bello al mondo non c’è.
Ciascun abitante del vicinato
era sempre molto occupato:
l’Usignolo bel canto insegnava
e intanto il Ragno la tela tesseva;
le Api facevano il miele d’oro
e nessuna mai interrompeva il lavoro;
con le compagne, mattina e sera,
raccoglieva provviste la Formica nera nera
e, sotto terra, la Talpa industriosa
scavava, scavava senza posa.
Lo gnomo invece era assai sfaticato:
si alzava dal letto a giorno inoltrato
e si divertiva a più non posso
andando a cavallo di un pettirosso
e di more faceva gran scorpacciate
e così passava le sue giornate:
insomma dormiva, mangiava e giocava
e in verità un po’ s’annoiava,
perché non aveva niente da fare
oltre a dormire, mangiare e giocare.
Così decise di andar per il mondo
a controllare se è proprio rotondo.
Fece i bagagli con molta fretta:
mise in valigia una maglietta,
il cappello a cono e le scarpe buone
e poi qualcosa per colazione:
tre grani di ribes e una fragolina,
e poi due chicchi di uva spina,
quattro mirtilli e un po’ di rugiada
per dissetarsi lungo la strada.
(Si sa che nessuno è del tutto perfetto,
ma era assai ghiotto questo gnometto
e un dì mangiò da solo un’arancia
e poi gli venne il mal di pancia).
In modo cortese e molto educato
chiese consiglio al vicinato
per arrivare alla stazione
senza sbagliare la direzione.
Rispose il Gufo che sa molte cose
di fare tutta la via della Rose,
di girare poi nel viale dei Pini
fino allo slargo dei Ciclamini,
di uscire quindi in via Bucaneve
e che quella era la strada più breve.
Con passo arzillo, sicuro e deciso
e un bel sorriso stampato sul viso
si incammina lo gnomo per la stazione,
sbagliando subito la direzione.
Ci sono i cartelli lungo la strada,
ma lui va dritto e non ci bada,
non guarda neppure le indicazioni stradali
che gli sembrano tutte uguali
infatti non sa leggere una sola parola,
perché non è mai andato a scuola.
Così gira, gira e dopo un bel po’
questo gnomo piccino picciò
si ritrova, che è che non è,
in via degli Abeti al numero tre.
Ha camminato dalla mattina alla sera
per ritrovarsi esattamente dov’era,
portandosi appresso i bagagli pesanti
tra le risate di tutti quanti.
E’ un po’ mogio mogio il nostro gnometto
perché, (lo sappiamo, nessuno è perfetto)
gli secca un po’ per la figuraccia
e teme ormai di aver perso la faccia.
Ma poi decide, così sull’istante,
che non sarà mai più un ignorante,
di andare a scuola e di imparare
a leggere, a scrivere ed a contare.
di Francesco Venier