Le armi ritrovate nelle tombe dei
Celti testimoniano un’evoluzione tecnologica e manifatturiera che può essere considerata almeno paritaria a quella di tutte le altre civiltà del Mediterraneo.
LA SPADA CELTICA
La più importante di queste era la
spada da cavalleria che aveva una lama dritta lunga oltre un metro, larga cinque centimetri con punta acuminata e doppio filo; tali caratteristiche la rendevano idonea più per le stoccate da cavallo che non per il corpo a corpo. Le spade finora descritte erano quelle, presenti sia nell’epica sia, e soprattutto, nei sepolcri, forgiate espressamente per la guerra. Sono presenti però anche altre spade, da parata, di dimensioni notevolmente più piccole- circa la metà- ricche di intarsi e decorazioni, sia sull’elsa che sulla lama, che potevano essere realizzate in ferro ma anche in bronzo o oro, e costituivano più che altro uno “status symbol” ed oggetto di esibizione. La spada veniva portata in un lungo fodero attaccato alla cintura sul fianco destro e la qualità dell’acciaio che componeva la lama era veramente ottima, a giudicare dai ritrovamenti archeologici. Non sembra quindi trovare fondamento uno dei molti luoghi comuni che circondano i Celti, secondo cui le spade celtiche erano armi di metallo scadente, che si piegavano spesso in combattimento tanto da dover essere raddrizzate. Nulla di più falso. In realtà, questa affermazione si può considerare esatta solo per quanto riguarda le tribù italiche degli
Insubri e forse dei
Boi, e quelle svizzere dei
Gesati, e, perdipiù, solo per la fascia meno ricca della popolazione, che non aveva quindi la possibilità di farsi forgiare armi di buona qualità come quelle ritrovate nei sepolcri nobiliari delle medesime popolazioni. Effettivamente, nei sepolcri di queste popolazioni sono state trovate spade forgiate in ferro dolce, e quindi facilmente piegabile; ma è privo di fondamento allargare tale discorso a tutta la popolazione celtica, che disponeva di spade davvero terribili (è sufficiente, a questo proposito, leggere tra le righe di
Diodoro Siculo il timore reverenziale che egli prova parlando delle armi celtiche). Una curiosità, infine: l'archetipo fantasy delle classiche spade incantate, giunge in effetti dalla tradizione folcloristica celtica. Si legge, in un brano della
Seconda battaglia di Mag Tured: “
Fu alla battaglia di Mag Tured che Ogmè il campione trovò Orna, la spada di Tethra, uno dei re dei Fomoire. Ogmè la trasse dal fodero e la pulì. Allora la spada riferì le imprese che aveva compiuto.". A quel tempo era infatti comune che, quando una lama fosse snudata, rendesse note le gesta che, grazie ad essa, erano state intraprese. Per questo le spade, una volta snudate, avevano diritto al tributo della pulitura.
LA LANCIA CELTICA
Il secondo strumento da offesa dei Galli era la
lancia che si divideva in due categorie: la
lancia da cavalleria ed il
giavellotto da lancio. La prima veniva chiamata anche asta ed aveva un manico ligneo di due metri terminante con punta fogliata lunga più di un cubito (cm 44,3) e larga meno di due palmi (cm 14,4); date le dimensioni, l’uso della lancia era molto indicato per i guerrieri a cavallo. Invece il giavellotto, chiamato
madaris (Strab. IV, 4.3),
matara o
tragula (Ces. G. gall. I, 26, 3), era la classica arma da fanteria poiché non superava il metro di lunghezza e veniva realizzato con due punte di forma diversa, la classica foglia oppure il temibile uncino studiato per squarciare le ferite. Nell’epica irlandese ne esistono numerosi incantati, come il
gae bolga di
Cù Chulainn, la cui punta si apre in ventiquattro arpioni quando colpisce, o la
deil chliss, che confondeva la vittima, rendendola incapace di distinguere la direzione da cui proveniva l’arma, per poi ucciderla.
Fra le armi da difesa il più importante era certamente lo scudo che poteva avere molte fogge: accanto al modello circolare a diametro corto usato dai cavalieri per l’ingombro ridotto ne troviamo uno ovale che proteggeva tutta la persona, più adatto ai fanti. Entrambi venivano realizzati unendo lunghe tavole di legno con colla animale; sull’esterno, nel centro dello scudo, veniva piazzato un largo ambone metallico semisferico a forma di animale che doveva riparare la mano ed il braccio impugnanti da frecce, pietre, colpi di spada e lancia.
PROTEZIONI ED ALTRE ARMI.
Il fatto che alcuni Celti avessero l’abitudine di andare nudi sul campo di battaglia (I Galli erano convinti di essere protetti dagli dei, quindi preferivano combattere coperti solo di collane e bracciali d’oro) non significava affatto che ignorassero l’uso dei vestiti e delle protezioni per il corpo. I Galli sapevano tessere tuniche di vario colore, pantaloni chiamati
brache e mantelli a righe e quadretti che fermavano sulle spalle con una fibbia. I guerrieri benestanti vestivano la corazza a maglie di ferro, sintomo che questa non era una tecnologia esclusiva dei Romani, ed un elmo di bronzo decorato da corna e figurine di animali. Infine sembra che i Celti fossero molto abili nell’uso del carro da guerra (il carro aveva un equipaggio composto dall’auriga e da un guerriero che, dopo aver scagliato il giavellotto, scendeva e combatteva con la spada), dell’arco (anche se ritenuta dai Celti un'arma adatta solo a uomini incapaci di combattimenti onorevoli faccia a faccia) e della fionda.
- "Esercito ed armi dei Celti" a cura di Flavio Sanza;