A 800 metri sul livello del mare, sulla sommità dell’omonimo monte (per i Trapanesi,
'u Munti), si erge
Erice, comune siciliano della provincia di Trapani. Difesa da bastioni e mura, la città è un labirinto di stradine acciottolate e di varchi così stretti da permettere il pasaggio di un solo uomo. Le case, serrate le une alle altre, hanno graziosi e curati cortili interni, difesi e protetti dalla vista dei passanti in modo che la vita familiare si svolga nella più completa intimità. Le sue origini sono antichissime e avvolte nella leggenda: sembrerebbe che sia stata fondata addirittura dal figlio di Venere e Bute, Erice, re della misteriosa popolazione degli Elimi. Sulla vetta fu edificato per primo un tempio, destinato ad essere il più famoso della Sicilia, dedicato alla Dea della Bellezza, identificata dai Fenici con
Astarte, dai Greci con
Afrodite e con
Venere Ericina dai Romani, comunque veneratissima da tutte le popolazioni mediterranee. La nascita della città è però anche legata alla figura di
Enea che condivide con il re Elimo la madre (Venere). Nella narrazione virgiliana, Enea approda sulla costa ai piedi del monte e celebra il rito funebre per il padre Anchise. L'incidente di alcune navi lo costringe poi a lasciare qui alcuni suoi compagni che fondano, appunto, la città.
Moltissimi sono i racconti e i miti che parlano di Erice...
Il mito di Venere - Ad Erice, il culto di questa divinità femminile assunse, con il passare dei secoli e dei popoli, nomi diversi. Il culto fenicio della dea Astante, poi trasformato dai Romani in quello di Venere, aveva una natura per molti versi oscura che comprendeva l’allevamento delle colombe e la prostituzione sacra all’interno del tempio. Migliaia di pellegrini ogni anno raggiungevano il santuario in occasione della partenza delle colombe sacre alla dea che si dirigevano verso l’Africa, a Kef, dove si trovava un santuario gemello per poi far ritorno ad Erice dopo nove giorni. Durante questo periodo ad Erice si svolgevano grandi feste. Il mito di Venere era poi alimentato dalla prostituzione sacra delle Ierodule. Da tutto il mediterraneo, commercianti e naviganti arrivavano qui per godere della compagnia delle belle sacerdotesse di Venere che, dietro cospicue offerte, assicuravano la protezione della dea.
La stele di Anchise - Enea, nel suo viaggio lontano da Troia si fermò presso Aceste, re di Erice, che gli offrì la propria ospitalità. Lungo il litorale ericino, presso il promontorio di Pizzolungo, Enea potè finalmente dare degna sepoltura al padre Anchise in onore del quale venne eretta la Stele di Anchise. In occasione del primo anniversario della morte, Enea organizzò qui i Ludi, una giostra sportiva che
Virgilio descrive accuratamente nell’Eneide.
Erice ed Ercole - La leggenda narra che la zona era governata dal semidio Erice, figlio di Bute, uno dei compagni di Ulisse, e della dea Afrodite. Quando Erice venne a sapere che nei suoi territori era giunto in visita il potente Ercole, volle sfidarlo per stabilire chi dei due fosse il più forte. Se Erice avesse perso, avrebbe consegnato tutti i suoi possedimenti ad Ercole. In caso contrario, Ercole avrebbe consegnato ad Erice le vacche sacre che egli portava con sé (in adempimento di una delle dodici fatiche). Il duello terminò con la vittoria di Eracle che uccise l’avversario e lo seppellì nel tempio dedicato ad Afrodite (Venere ericina). Ercole tuttavia continuò il suo viaggio affidando il regno di Erice ai suoi stessi abitanti.
Dedalo e Minosse - Dedalo si rifugiò in Sicilia, ospite del re Sicano
Cocalo, dopo essere fuggito da Creta per l’ira di Minosse che voleva punirlo a morte per aver fornito alla consorte Pasifae la famosa vacca lignea (Pasifae, moglie del re, innamoratasi di un toro chiede a Dedalo di costruirle una vacca di legno affinché, nascosta in essa, possa accoppiarsi con il suo innamorato; da questo accoppiamento nascerà il
Minotauro). Minosse però seppe della presenza di Dedalo in Sicilia e andò a chiederne a Cocalo la consegna. Questi finse di aderire alla richiesta ma, in realtà, era solo uno stratagemma per uccidere Minosse in un bagno caldissimo. Gli stessi cretesi che avevano accompagnato il re, prima di tornare in patria, seppellirono Minosse ed innalzarono sulla sua tomba un tempio dedicato ad Afrodite. Secondo alcuni, il tempio sarebbe stato appunto quello della dea ericina, sotto il quale si ritroverebbe la sepoltura di Minosse.
ll mito del Cavaliere Giuliano - Dopo la fine dell’impero romano, Erice scompare dai documenti storici. Vi riapparirà soltanto nel XII sec. quando da fonti arabe apprendiamo che esiste una città, chiamata Gebel Hamed, proprio li dove dovrebbe essere Erice. E’ il 1076 d.C., quando il conte normanno Ruggero II assedia le popolazioni musulmane sul monte. Alle prime luci del mattino, durante una preghiera di buon auspicio per la vittoria, egli vide in sogno il cavaliere Giuliano in sella a un cavallo bianco, munito di armi lucenti, vestito del manto rosso da dignitario, con un falcone appollaiato sulla mano sinistra, che spinge alla fuga i musulmani. Gebel Hamed diviene così terra normanna e, per devozione al Santo, fu ribattezzata nell’anno 1167 “
Monte San Giuliano”.