Barbanera Aiutante Taverniere
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| Titolo: Leggenda della baronessa di Carini Lun Apr 16, 2012 8:17 pm | |
| Siamo nella Sicilia del 1500. Don Cesare Lanza, barone di Trabia e conte di Mussomeli, è un uomo potente, dal carattere duro e violento, vicino al viceré Ferrante Gonzaga e all' imperatore Carlo V. Dall'unione con la ricca vedova Lucrezia Gaetani avrà due figlie: Laura e Costanza. Appena 14 enne, la giovane Laura fu data in sposa a Vincenzo La Grua - Talamanca, signore e barone di Carini, discendente di un’antica famiglia Pisana approdata in Sicilia intorno al 1300. Ma la piccola Laura mal si adattava alla vita coniugale con un barone molto più vecchio di lei, interessato soltanto alla caccia e alla cura dei suoi interessi economici. Così la giovane sposa, lasciata quasi sempre sola nel castello di Carini, ritorna spesso a Palermo. Qui' incontra il giovane Ludovico Vernagallo, la cui famiglia si trova a frequentare quella dei la Grua per motivi sia economici che familiari (lo zio di Ludovico sposò infatti una La Grua). Tra i due giovani nasce pian piano un sentimento che condannerà la vita dei due giovani. Ben presto lo stretto rapporto tra Ludovico e Laura si fa più vivo, i due giovani iniziano a frequentarsi anche al di fuori delle feste palermitane e le visite di Ludovico al Castello di Carini si fanno sempre più frequenti. Scoperta però dal marito e dal padre, Laura viene uccisa insieme a Ludovico. La leggenda racconta che fu un frate del vicino convento ad informare il padre ed il marito della sposa, e questi, assieme, freddamente meditarono e prepararono l’assassinio. Fu preparato l’agguato e quando l’ignobile spia si accorse che i due amanti stavano insieme, avvertì don Cesare Lanza, che corse nella stessa notte a Carini, accompagnato da una sua compagnia di cavalieri, e fatto circondare il castello, per evitare qualsiasi fuga dell’amante di sua figlia, vi irruppe all’improvviso, e sorpresili a letto, li uccise. L’atto di morte di Laura Lanza e Lodovico Vernagallo, trascritto nei registri della chiesa Madre di Carini, reca la data del 4 dicembre 1563. Nessun funerale fu celebrato per i due amanti, e la notizia della loro morte, o per paura o per rispetto, fu tenuta segreta. La cronaca del tempo lo registrò con estrema cautela senza fare i nomi degli uccisori, ma nonostante la riservatezza d’obbligo, la notizia si divulgò lo stesso ed il "caso" della baronessa di Carini divenne di dominio pubblico. Il viceré, appena venuto alla conoscenza dei delitti, immediatamente adottò per don Cesare Lanza ed il barone di Carini i provvedimenti previsti dalla legge; furono banditi ed i loro beni vennero sequestrati. Don Cesare Lanza si rivolse però a re Filippo II; spiegò i motivi che lo avevano portato,assieme al genero, a trucidare i due amanti ed avvalendosi delle norme, in quel tempo in vigore, sulla flagranza dell’adulterio, chiese il perdono che fu accordato. Anche il barone di Carini, marito di Laura, fu assolto con formula piena, e visse indebitato sino alla sua morte, dopo avere portato al Monte dei Pegni gli ultimi gioielli della sua famiglia. La stanza in cui avvenne l’assassinio è situata nell’ala ovest del castello di Carini, ormai quasi del tutto crollata. La leggenda vuole che su una parete di quella stanza fosse rimasta l’impronta della mano insanguinata della giovane baronessa ( vedi foto). Quella stessa impronta pare appaia ogni anno la notte del 4 dicembre a ricordo dell’evento, mentre il fantasma senza pace di Laura vaga nel castello. Altre storie raccontano che il fantasma di Laura appaia tutt’oggi nel castello di Mussumeli, alla ricerca di quel padre che lì si nascose dopo l’omicidio. Secondo gli abitanti del paese donna Laura apparirebbe in tutti il suo splendore in un abito del 500 dalla gonna di seta ampia e un corpetto sul quale avvolge uno scialle, vagando per le stanze del castello o mentre si reca verso la Cappella dove si inginocchia e prega. Forse nella speranza di comprendere ciò che spinse sua padre a quell’orribile gesto... Il fatto di cronaca all'epoca ebbe molto risalto, ispirando poemetti e scritti storici, fra i quali quelli di Salomone Marino. E proprio Il Salomone Marino raccolse questi versi in cui si fa rivivere l’efferatezza del delitto: " Vju viniri ‘na cavalleria chistu è mè patri chi veni pri mia! Signuri patri, chi vinistivu a fari? Signura figghia, vi vegnu a ‘mmazzari. Signuri patri, aspettatimi un pocu Quantu mi chiamu lu me cunfissuri. - Habi tant’anni ch’un t’ha confissatu, ed ora vai circannu cunfissuri? E, comu dici st’amari palori, tira la spata e cassaci lu cori; tira cumpagnu miu, nun la sgarràri, l’appressu corpu chi cci hai di tirari! Lu primu corpu la donna cadìu, l’appressu corpu la donna muriu." Traduzione: - Spoiler:
Figlia: - Vedo arrivare tanti cavalieri. Uno è mio padre che viene per me. Signor padre, cosa siete venuto a fare? Padre: - Signora figlia, sono venuto per ammazzarvi. Figlia: - Signor padre, aspettate ancora un poco perché mi voglio confessare! Padre: - E' da tanto tempo che non ti confessi ed adesso cerchi un confessore? E mentre pronuncia queste amare parole, estrae la spada e le trafigge il cuore. Padre: - Colpisci, oh spada, fedele compagna mia, non la mancare, perché un altro colpo le devo sferrare. Al primo colpo la donna cadde a terra, al secondo colpo la donne morì."
Nel 1975 la vicenda è stata adattata per la televisione nello sceneggiato Rai " L'amaro caso della baronessa di Carini", diretto da Daniele D'Anza e interpretato da Ugo Pagliai e Janet Agren. Nel 2007 ne è stata fatta una nuova versione televisiva trasmessa da Rai Uno, " La baronessa di Carini", diretta da Umberto Marino e interpretata da Vittoria Puccini e Luca Argentero. | |
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