In Italia, in particolare nel Meridione, la figura della strega occupa da sempre un posto di primo piano tra le credenze e le tradizioni popolari. Un caso emblematico è quello di Benevento, la città che, secondo molti, sarebbe stata una delle mete preferite delle streghe in Europa e dove, secondo la leggenda, nei pressi di un misterioso albero di noce, per molti secoli si sarebbero ritrovate nelle notti del sabato. Raduni diabolici, chiamati
sabba, che hanno ispirato le fantasie più inquietanti di scrittori, pittori e musicisti.
A Benevento le streghe avevano un nome specifico, erano infatti chiamate
janare. Il termine deriva forse da Diana, dea romana della caccia, oppure dalla parola latina
janua, che significa porta. Questo perché, secondo la tradizione popolare, le
janare, grazie alla loro consistenza incorporea, entravano nelle case passando sotto le porte.
Solitarie, al contrario di tutte le altre streghe, le
janare erano temutissime per i loro terribili incantesimi. Si credeva infatti che potessero causare aborti, infertilità, affanno e palpitazioni. Il loro comportamento poteva essere tranquillo di giorno ma di notte si cospargevano il corpo con un unguento magico e spiccavano il volo per celebrare i loro riti diabolici. La leggenda narra che nelle sere di tempesta – quando vento, pioggia e fulmini imperversavano – era possibile scorgere in cielo il profilo delle
janare a cavallo delle loro scope.
Numerosi erano i pericoli che, nell’antica città di Benevento, erano associati alle streghe. La sensazione di soffocamento che a volte si prova durante il sonno, ad esempio, era dovuta, secondo la credenza popolare, alla tendenza che mostravano le
janare a saltare sul petto delle persone addormentate. Le malvagie donne, inoltre, erano in grado di diventare incorporee per non essere viste e seminare così morte e paura nelle abitazioni.
Per poterne catturare una ed impedirle di nuocere, bisognava afferrarla per i capelli, unico punto debole. La
janara, a quel punto, avrebbe rivolto una domanda a trabocchetto: “Che cos’hai tra le mani?”. L’antagonista avrebbe dovuto essere rapido a rispondere “ferro ed acciaio” e non “capelli”, altrimenti la strega sarebbe scappata via oppure avrebbe scagliato le sue terribili maledizioni sul poveretto. In alternativa, vistasi perduta e per riacquistare la propria libertà, la strega avrebbe potuto offrire protezione dalle sue “colleghe” streghe sia a chi l’aveva catturata sia alla sua famiglia, per sette generazioni.
Le streghe. L’albero. Il fiume Sabato. Lungo le rive di questo fiume che ancora oggi scorre per 50 Km nelle province di Avellino e di Benevento si consumavano i riti di stregoneria e qui le donne del demonio trovavano un ricco assortimento di erbe, sia benefiche sia mortali. E forse proprio dal fiume prende origine la parola
sabba.
Cosa c’è di vero in tutto questo? Esiste un fondamento o sono solo fantasie?
Secondo lo scrittore Alberto Abbuonandi, cultore della storia e dell’antropologia di Benevento, ci potrebbe essere un collegamento tra la leggenda delle
janare ed alcune vicende storiche verificatesi proprio nel beneventano. Abbuonandi spiega infatti che i popoli longobardi che hanno governato Benevento per 500 anni erano soliti scegliere un albero frondoso nei pressi del quale pregare e celebrare i riti religiosi. Riti che i cristiani consideravano demoniaci. Un’eresia da combattere e sradicare.
Intorno al VII secolo, col tentativo di arginare la diffusione del paganesimo, il vescovo di Benevento, diventato poi santo col nome di San Barbato, fece tagliare il grande albero di noce venerato dai longobardi. I barbari, tuttavia, continuarono a praticare i propri riti, attirando, probabilmente, la curiosità di alcune donne del luogo che, coinvolte nelle celebrazioni, furono ben presto etichettate dal popolo come streghe. È quindi probabile che a Benevento qualche forma di paganesimo legato alle tradizioni longobarde sia sopravvissuto per molto tempo e che abbia alimentato il mito delle
janare.
La caccia a queste donne è stata una vera e propria persecuzione, condotta con processi sommari e violenze. La partecipazione ai sabba di Benevento era uno dei reati più gravi ed era prova di colpevolezza. Le streghe, tuttavia, sono sopravvissute alle persecuzioni: anche se oggigiorno non fanno più riti e non volano a cavallo di una scopa, continuano ancora a vivere nei racconti e nelle magiche tradizioni di questi luoghi.