L’
arnica è una pianta delle famiglie delle
Composite ed è tipica delle regioni alpine e prealpine. Il termine greco “
ptarmike” sembra essere la radice del nome
arnica e significa "starnutire", richiamando già dall’antichità più remota l’impiego dell’arnica come pianta da tabacco. La grande fortuna dell’arnica come pianta medicamentosa arriva nel XXI° secolo e fra le voci più importanti ricordiamo
Antonio Campana nella sua “
Farmacopea ferrarese” del 1821 e nel 1854 il farmacologo francese
A. Bouchardat. Dato il suo impiego nelle febbri intermittenti e adinamiche era chiamato anche “
china dei poveri”, perché la china vera e propria raggiungeva allora sul mercato erboristico quotazioni non a tutti accessibili. L’uso dell’arnica come pianta medicamentosa deve essere prescritto e seguito da un medico. Fra le sue proprietà che possono essere sfruttate utilizzando dei dosaggi da calibrare sui singoli casi, e dunque da mano esperta e competente, ricordiamo quella che più ha contribuito a renderla famosa tanto da valerle l’appellativo di “
panacea per le cadute”. L’arnica in applicazioni esterne aiuta i tessuti a riformarsi, ad eliminare i versamenti di liquidi, a riassorbire gli ematomi. Ingerita può essere
tossica anche a bassi dosaggi.
LA LEGGENDA:In un maso (tipica abitazione rurale del Trentino-Alto Adige), non lontano dalla Pale di San Martino, vivevano le
Guane, streghette molto belle e gentili con un piede però messo a rovescio. Una di esse fece innamorare un giovanotto di
Primiero, che si recò al maso delle Guane per chiederla in sposa. La streghetta accettò ma a patto che lui promettesse di vivere sempre con lei e che giurasse che non le avrebbe mai toccato i capelli. L'uomo accettò i patti e il matrimonio si celebrò presto e fu un matrimonio felice, rallegrato dalla nascita di cinque maschietti bellissimi e infine da una femminuccia, bella e buona come la madre, con magnifici capelli color dell'oro. Una sera purtroppo l'uomo, ritornato a casa alticcio, ebbe l'irrefrenabile desiderio di toccare i capelli della moglie. Subito la bella guana diventò pallida e sempre più esile, finché si dissolse in un fil di fumo. Il marito si disperò, ma nei giorni seguenti seppe dai figli che mentre lui era al lavoro, la mamma veniva a trovare i figli e poi fuggiva piangendo. Un giorno l'uomo finse di uscire di casa per recarsi al lavoro e si nascose. Quando la moglie entrò nella stanza e gli passò vicino, balzò fuori dal nascondiglio, l'afferrò per la vita pregandola di perdonarlo. La Guana lanciò un grido e disse piangendo che un terribile incantesimo pesava sulla sua vita e che ormai nessuno l'avrebbe mai più potuta vedere. Poi si sciolse dall'abbraccio e fuggì. Mentre correva lontano, dal suo capo si staccavano uno ad uno i magnifici capelli biondi che, caduti a terra, si trasformavano subito in fiori color dell'oro. I bambini si misero a rincorrere la mamma seguendo la scia di fiori, finché giunsero al laghetto
Welsperg dove si specchia la Cima Canali, lì si fermarono a cercarla, ma di lei non vi era più traccia se non un prato di fiori gialli. A sera i cinque maschietti tornarono a casa, ma la bimba volle rimanere nei pressi del laghetto. Nel buio le si avvicinò una vecchina, alla quale la bimba raccontò la triste storia della sua famiglia. La vecchina disse allora alla bimba di tornare a casa e di ritornare lì la notte di
San Lorenzo. Solo allora, quando avrebbe visto cadere la prima stella, doveva pronunciare le parole:
"
Stella cadente, stellina di fiamma
fa che ritorni la cara mia mamma!".
La bimba tornò a casa cercando di sostituire la mamma nelle faccende domestiche per giorni e giorni finché finalmente giunse la notte di San Lorenzo.
Si precipitò allora al laghetto Welsperg e quando vide cadere la prima stella, disse le parole magiche e subito si sentì abbracciare teneramente. La sua mamma era lì con lei, per sempre, ma non aveva più i capelli colore dell'oro: ora il suo viso era incorniciato da capelli d'argento, perché i suoi capelli d'oro erano diventati fiori di arnica!