Piú che numerosi sono gli esempi di uomini che, grazie al loro coraggio e sacrificio, segnarono indelebilmente il corso della storia. Tenendo opportunamente in conto (la riflessione é d’obbligo!) come i valori di cui parliamo, non esclusi quelli religiosi, siano stati anche piú volte subdolamente manipolati al fine di giustificare atti meramente politici (fatto, questo, che non appartiene solo al passato!), numerosi sono stati tuttavia gli uomini (e le donne!) che si resero protagonisti di azioni mirabili spinti esclusivamente dal senso dell’onore, della lealtá, della dedizione!
L’epoca medievale é senza dubbio una tra le piú affascinanti da questo punto di vista. E un mirabile esempio ne é la storia del Portogallo, paese abitato fin dai suoi primordi da genti fiere e valorose.
La Penisola Iberica fu una delle regioni europee in cui, piú di tremila anni fa (I millennio a.C.) si stanzió uno dei popoli oggi considerato tra i piú affascinanti della storia: i Celti.
Queste antiche popolazioni, cui nucleo sociale era rappresentato dalla tribú, vivevano di pastorizia e agricoltura. Provenivano dai territori dell’Europa centrale e, in seguito a differenti fasi migratorie, raggiunsero e si stanziarono principalmente, oltre che nella giá citata Penisola Iberica, anche nel Galles, nella Francia occidentale, nelle Highlands scozzesi e in Irlanda.
É interessante notare come ancora oggi, in special modo nelle tradizioni popolari, continuano evidenti le affinitá culturali tra questi popoli, dovute alla comune radice celtica. In particolare, nel caso del Portogallo, tali radici culturali restano evidenti soprattutto nelle regioni del Minho e di Tras-Os-Montes.
Nell’attuale territorio portoghese, infatti, si stanziarono, misturandosi alle popolazioni indigene, tre grandi gruppi celtici: i Calaici, a nord; i Lusitani al centro ed i Conii a sud. Misteriose, fiere e particolarmente dedite all’arte del combattimento, queste genti avevano tuttavia innato un grande senso artistico, espresso soprattutto attraverso la lavorazione dei metalli, come testimoniano i magnifici reperti oggi esposti al Museo Nazionale d’Archeologia di Lisbona.
Dalle rappresentazioni in pietra di capi tribú agli ornamenti femminili e maschili in oro e in argento, materiali di cui abbondavano le miniere di quel “primitivo Portogallo”, i Celti hanno sempre dimostrato di non essere un popolo di rozzi pastori, ma genti dall’animo nobile e fiero e con una cultura interessantissima.
Come ogni popolo guerriero, i vari gruppi celti erano inoltre contraddistinti dal grande senso dell’onore, tesoro inestimabile per il quale erano disposti a lottare fino al sacrificio estremo.
Per questo, quando nel III secolo a.C. l’esercito romano entró con intenzioni ostili nella Penisola Iberica, i Lusitani (maggiore gruppo stanziato nell’attuale Portogallo) furono tra i gruppi celtici che maggiormente si opposero alla sottomissione nel tentativo di preservare l’onore e la libertá del proprio popolo.
I Celti erano rapidi, feroci e coraggiosi in battaglia. In realtá, peró, l’abilitá strategica dei generali romani era di gran lunga superiore.
Tuttavia la grande fierezza che lo caratterizzava non lasció mai desistere il popolo lusitano dall’intento di non arrendersi. E bastó per tener testa alle disciplinate centurie romane in campo di battaglia. Scontri cruenti e feroci si susseguirono infatti per anni.
Anni in cui le complesse strategie romane non riuscirono ad avere la meglio sul valore dei Lusitani!
Furono allora proprio questi ultimi a inviare una proposta di pace condizionata al generale romano Galba. Alla lealtá celtica, peró, Galba rispose con un vile tranello: pensando infatti di poter approfittare della situazione per concludere in suo favore le ostilitá, finse di accettare le condizioni di pace concordando con i capi tribú lusitani il luogo in cui incontrarsi per dichiarare pacificamente e ufficialmente fine agli scontri.
Quando, allora, i capi tribú lusitani, fiduciosi della parola del generale romano, si trovarono nel luogo stabilito mostrandosi disarmati in segno di pace, Galba non ebbe esitazioni: mise in atto la sua trappola infame ordinando ai suoi soldati di scagliarsi contro quegli uomini inermi!
In novemila (numero riportato dalle fonti) furono trucidati!
L’azione, censurata ufficialmente dallo stesso Foro Romano, ebbe tuttavia effetto opposto a quello sperato da Galba: quando la notizia del tradimento si sparse tra i Lusitani non fu il timore a crescere, ma un maggiore senso di rivolta e la sete di giustizia!
Le impavide tribú Lusitane erano pronte ad insorgere piú feroci e piú determinate che mai. Mancava tuttavia una qualsivoglia forma di coordinazione tra le fila celtiche: chi sarebbe stato, dopo quella cruenta carneficina, il leader della nuova rivolta?
I Lusitani non avevano dubbi: esisteva infatti tra loro un uomo particolarmente degno di capeggiare le loro fila, un uomo che aveva visto con i suoi occhi la strage operata dai romani, strage da cui lui stesso era riuscito miracolosamente a salvarsi. Quest’uomo era Viriato.
Molto si scrisse (e si romanzó!) intorno questa figura storica. Ció che resta storicamente certo é che appena due anni dopo il tradimento dei romani, Viriato era giá riuscito ad riorganizzare l’ esercito lusitano, grazie anche all’arrivo di migliaia di nuovi guerrieri provenienti da varie parti del territorio celtico. Viriato, con fermezza e valore, preparó gli uomini al contrattacco.
E il contrattacco cominció: nell’anno 147 a.C. diecimila guerrieri celti, con i visi ed i corpi dipinti con colori e simboli di guerra, spinti dal desiderio di libertá e vendetta, si scagliarono in campo aperto contro le legioni romane. A causa della superioritá numerica romana e della debolezza delle armi celtiche comparate a quelle nemiche, la battaglia sembró tuttavia favorire l’esercito invasore.
I capi tribú lusitani cominciarono allora a pensare ad una resa definitiva e incondizionata. Ma Viriato non accettó l’idea: riaggruppó i suoi uomini e gli parló con grande fervore, incoraggiandoli, incitandoli e ricordandogli quanto, piú importante della loro stessa vita, fosse la libertá e l’orgoglio dell’ intero popolo lusitano. La fierezza giunta alla commozione mostrata da Viriato nell’incitare i suoi guerrieri, risveglió in tutti il coraggio e il desiderio di non chinare il capo di fronte ai romani.
E lo scontro riprese: nonostante l’inferioritá numerica, lo svantaggio delle armi da parte celtica e le complesse strategie belliche attuate dai romani, incredibilmente i Lusitani, forti in primo luogo della loro grande fierezza, del loro valore, del loro coraggio, vinsero quella battaglia (147 a.C.)!
Viriato fú ufficialmente riconosciuto capo dei Lusitani: le donne lo sognavano, gli uomini lo ammiravano, accettando di buon grado qualsiasi ordine che quel carismatico guerriero impartiva loro.
L’invincibilitá di Viriato, in effetti, condusse il popolo lusitano a otto anni di vittorie.
Nel 139 a.C., peró, l’ ennesimo tradimento organizzato dai romani: mentre dormiva nella sua tenda, Viriato venne assassinato a colpi di pugnale da tre mercenari pagati dall’esercito di Roma.
I Lusitani piansero a lungo la perdita del loro capo e, indeboliti, cominciarono a perdere sempre piú vasti territorio sotto l’incalzare dei Romani che, a partire dal 136 a.C., conquistarono definitivamente i territori dell’attuale Portogallo.
Viriato venne riconosciuto in Portogallo come uno dei primi eroi nazionali per il suo indubbio valore bellico e morale, per la sua forza d’animo per l’orgoglio e la tenacia con cui difese le terre lusitane.
Valori che, per altro, giá all’epoca dei fatti qui esposti vennero riconosciuti non solo dal popolo celtico dei Lusitani, ma dagli stessi Romani: é significativo infatti, ed é opportuno sottolinearlo, come tutte le informazioni pervenute fino ai nostri giorni riguardo la figura di Viriato provengano esclusivamente da fonti romane!
A questo punto, tuttavia, appare ovvio porsi una questione. Cronologicamente, infatti, la storia di Viriato (II secolo a.C.) e del popolo lusitano appartiene ad un’epoca che precede di alcuni secoli la “nascita ufficiale” del Portogallo, avvenuta in pieno medioevo (XII secolo): perché, dunque, questa figura storica é tanto importante per il popolo portoghese?
La risposta sta nei valori di lealtá, nell’orgoglio e nel desiderio di libertá che Viriato impersonava, poiché quegli stessi valori, piú di dieci secoli piú tardi e nello stesso territorio che Viriato cercó valorosamente di difendere, animeranno i cavalieri medievali che daranno vita al Portogallo.
Si instauró dunque un legame e una comunione di intenti (molto debole, in veritá, a livello storiografico e antropologico, ma fortissimo a livello ideologico!) tra la figura di Viriato e quella di personaggi quali D. Afonso Henriques o Egas Moniz, tra gli altri, che grazie al loro valore, nel corso del medioevo, resero il Portogallo un paese libero e forte.
E proprio del coraggio e dell’opera di questi uomini, esempi di valore cavalleresco, si tornerá a parlare.