Non tutti sanno che i
folletti sono in realtà nati dalla tradizione e dalle credenze popolari di alcune regioni francesi come
Berry,
Normandia e
Piccardia.
Etimologia e terminologiaProbabilmente ispirati alle divinità del focolare domestico ed agli dèi locali e della foresta (come potevano essere
Penati e
Satiriin epoca romana), il suo nome deriva dall'influenza linguistica del dio romano
Nettuno e/o dal celtico
Nuada, entrambi legati all'acqua. Il termine "folletto", traduzione italiana di "l
utin" (pronunciato [ly.tñ] come tutte le sue numerose varianti dall'area francofona, ha un'origine che ancora oggi suscita controversie tra i filologi. La teoria di
Walther von Wartburg, ancora largamente accettata, ipotizza che tutti i nomi comuni antichi dei folletti derivino dal dio latino del mare Nettuno, svuotato della sua antica funzione divina dal cristianesimo e diventato egli stesso un demone pagano delle acque che dà origine a piccole creature malefiche acquatiche chiamate "
neptuni". Questa etimologia è ritenuta "indiscutibile" da numerosi filologi, dal momento che spiega il frequente legame fra il folletto, il mondo marino e i cavalli, due degli attributi el dio Nettuno. Secondo la tesi di
Anne Martineau, sarebbe invece il dio celtico delle acque
Nudd (o
Nuada, Noddens, Nutt) all'origine dell'etimologia della parola "folletto" (lutin).
Pierre Dubois cita un gran numero di antiche teorie linguistiche legate alla parola "
nuit" (=notte), all'inglese "l
ittle" (=piccolo), o "
hutin" (=rissoso) che designa un attaccabrighe.
Collin de Plancy a sua volta vedeva il termine "
lutte" (=lotta) all'origine di "lutin" (folletto).
Evoluzione delle credenzeUna delle prime attestazioni di credenze nei confronti dei folletti è di
Burchard de Worms che, verso il 1007, parla di
Pilosus e
Satyrus, sorta di geni domestici che si manifestavano nelle cantine delle case, ai quali c'è l'usanza di offrire delle scarpe o degli archi di piccola taglia. È probabile che egli abbia cercato di chiamarli con nomi latini lasciando perdere i nomi volgari. Nel 1210,
Gervais de Tilbury scrive in
Les Divertissements per un imperatore un capitolo intitolato
Sui fauni e sui satiri che forma la prima testimonianza dettagliata sul piccolo popolo medievale. Si parla di folletti chiamati "
nuiton" in francese e "
portuns" in inglese, nascosti sotto le spoglie di fauni satiri e succubi. Questi esserei abitano con i paesani ricchi nelle loro case e non hanno paura né dell'acqua benedetta né degli esorcismi, questo li dissocia dai Diavoli. Essi assistono "
le persone semplici e di campagna" e si occupano facilmente e senza sforzo dei lavori più umili. Senza essere dannosi, possono deridere gli abitanti. Essi entrano nelle case di notte attraverso le porte chiuse e si riuniscono attorno al fuoco per mangiare degli stracci grigliati. Essi hanno tuttavia la brutta abitudine di aggrapparsi ai cavalieri inglesi che galoppano di notte, per condurli nel pantano, prima di fuggire ridendo. L'insistenza con cui Gervais de Tilbury afferma che i folletti sono generalmente inoffensivi e non si spaventano degli oggetti religiosi lascia supporre che questa opinione non debba essere associata alla sua epoca. Egli aggiunge che i demoni prendono l'aspetto dei
Lari, ossia degli spiriti della casa. La religione cristiana ha un' influenza non trascurabile sulla percezione dei folletti. La Chiesa tuttavia non arriva a sradicare queste creature discendenti dalla mentalità pagana, malgrado i suoi sforzi, né la credenza secondo la quale i defunti si trasformino in spiriti per continuare a manifestarsi.
Claude Lecouteux riporta un testo didattico del XV secolo secondo il quale i
gobelins sarebbero dei diavoli inoffensivi, creatori di illusioni e fantasmi, che Dio lascia errare. Pierre Dubois evoca l'abbandono di un monastero domenicano nel 1402 a causa della presenza di un folletto in collera che non era stato possibile allontanare con nessuna preghiera.
Nel 1586
Pierre Le Loyer iniziò a parlare nei suoi testi di folletti. L'anno successivo
François Le Poulchre stabilì una sorta di classificazione elementare dei folletti. Nello stesso periodo in Germania,
Hinzelmann descrisse come un "
koboldo tedesco" possa assomigliare al folletto francese. Nel 1615 un folletto apparve miracolosamente vicino a Valencia tutti i giorni tranne la domenica e le festività. Nel 1728 un francese di passaggio a Hechingen arrivò in città proprio nel momento in cui un'ordinanza aveva imposto di cacciare tutti gli spiriti cattivi della casa. Tutte queste prove testimoniano l'esistenza dei folletti in tutte le zone del mondo.
Numerosi eruditi del XIX secolo continuarono a credere nei folletti. La relazione con i folletti non è tuttavia sempre semplice: alcuni autori francesi hanno manifestato nel tempo la loro ossessione e il loro combattere incessante contro queste creature considerate demoniache. Questi scrittori sono oggi considerati come i precursori del "fantastico" o archetipo del "folle" letterario.
La popolarità della dottrina spirituale e delle altre che ne sono derivate, come la teosofia, conducono a una nuova visione di questi esseri. Allan Kardec chiama «spiriti leggeri» tutti i «folletti, gnomi e fate» aggiungendo che sono «ignoranti, maligni, incoscienti e dispettosi». Nella sua autobiografia, la medium Lucie Grange afferma di avere un folletto domestico chiamato Ersy Goymko nel suo focolare, il quale assomiglia a un giovane uomo biondo di 22 anni
La maggior parte delle numerose testimonianze del XIX secolo riguardano le campagne, grazie al lavoro della collezione effettuata dagli amanti del folklore. In Picardia,
Henry Carnoy colleziona parte della letteratura orale a partire dal 1879, di cui una parte ha come tematiche i folletti.
Paul Sébillot, autore del
Folklore di Francia scrive all'inizio del XX secolo un'opera immensa nella quale i folletti sono presenti ovunque: «
Nella legna, nell'acqua, nelle grotte e nelle case». Le credenze nei folletti perdurano nelle campagne all'inizio del XX secolo, approssimativamente fino alla Prima Guerra mondiale in Francia e fino agli anni '20 in Québec.
Léon Le Berre descrive nella sua opera
Bretagna di ieri l'ultima parte della sua giovinezza, quando i paesani si liberarono dell'esistenza dei folletti. Negli anni '70,
Albert Doppagne raccolse la testimonianza di una donna vallona di 60 anni che affermava di avere visto i folletti correre sul davanzale della finestra della sua casa. In Savoia, nello stesso periodo, la credenza nei folletti era diffusa quanto quella relativa alle fate. Il XX secolo corrispose a una forte riduzione delle credenze popolari. Scomparvero anche gli antichi rituali, come quello di dare il primo latte della giornata ai piccoli esseri del focolare. L'industrializzazione degli anni 60-70 andò di pari passo con la scomparsa delle persone anziane, presso le quali potevano trovarsi numerose testimonianze sull'esistenza dei folletti; ciò compromise la diffusione delle leggende relative al piccolo popolo. In quegli anni, la credenza dell'esistenza dei folletti ricomparve sotto forma dei nani da giardino. Gli adolescenti e i giovani si interessavano di più agli extraterrestri e ai fenomeni legati agli UFO che non ai folletti. Nel 1980 il folklorista
Gary Reginald Butler collezionò delle informazioni sui folletti a Terranova e non ottenne come risposta dagli abitanti che un vago ricordo di avere sentito questa parola durante la giovinezza. Egli rilevava una confusione riguardo alla natura di questi esseri e concluse che la cultura televisiva degli anni '80 influenzava le ultime credenze popolari dando ai folletti un'origine extraterrestre. Negli anni 50, il folklorista
Claude Seignolle riunì delle tradizioni popolari affini alle storie di folletti, ma fu soprattutto il lavoro di Pierre Dubois che rimise in luce le tradizioni legate ai folletti in Francia. Ormai i folletti erano visti come gli operai di
Babbo Natale per il quale essi fabbricavano dei giochi, allacciandosi così ai folletti della tradizione scandinava.
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